La storia di Ortona, e delle sue cinque frazioni, checché se ne dica non è finita; sotto le apparenti ceneri, in questo Borgo meraviglioso, c’è molta brace che necessita di un soffio nuovo per sprigionare la fiamma ed accendere un grande fuoco che è quello della rinascita, serena, umana sociale culturale a passo d’uomo, la stessa che servirebbe a questa Italia in crisi.
Se così fosse aumenterebbe l’invidia di molti paesi che non hanno saputo conservare le aderenze alle proprie radici al richiamo della città ormai stressata come dicevo sotto tutti gli aspetti.
Ortona, malgrado le guerre, le carestie, le intemperie, i terremoti che ha subito negli anni e nei secoli, è un isola felice, un brano di terra che parla anche oggi, attraverso le attività ambientalistiche di volenterosi ortonesi, per mezzo di associazioni locali con varie manifestazioni folcloristiche e culturali e la disponibilità della piccola ma nobile orgogliosa Municipalità.
I meravigliosi scorci del centro storico, l’aria salubre, usi, costumi, le tradizioni, le feste, il culto dei Santi e della Madonna di sulla Villa, dicono che Ortona è vegeta, dove non c’è segno consentitemelo di dire, di ‘Nchiovacriste, o sorta di Pilate, o Giudèe…ne ha bisogno di sceriffi di Nottingam…
Ortona sopravvive serenamente, nelle difficoltà quotidiane comuni a tutti. Oggi il suo aspetto in parte rinnovato invita all’accoglienza. La vegetazione sotto la nuova spinta dell’uomo è in ripresa, la fauna è interessante, il profumo della flora è stimolante unitamente agli schietti prodotti che allettano il palato dei turisti…in sintonia con il fluire del Giovenco che irriga i gli orti e la valle.
Ortona ha i suoi prati, le sue colline, la montagna Grande…dove vivono tranquilli il lupo, l’orso, il daino, il cervo, il falco, la coturnice, l’aquila…tutti animali che ultimamente possiamo incontrare non solo in percorsi montani ma anche, con grande meraviglia, sulla soglia del paese.
I semplici ma composti costumi, la lingua parca ma saggia, mai blasfema…i volti umani che suscitano fraternità, accoglienza al forestiero, ne fanno un popolo fiero e saggio.
L’ortonese è il vero marso, sia esso come dicono gli storici, figlio di Circe o nipote di Angizia, sia esso discendente di Marsia Re de’ Lidi venuta dall’Asia Minore…come è marso quello di Cerchio, di San Benedetto, quello di Celano e di Tagliacozzo e di tanti altri piccoli borghi confinanti.
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Anno di pubblicazione: 2012