Questa raccolta di poesie del poeta scrittore Alessandro Moreschini, ultima in ordine di tempo, dal titolo “Croste e Mujiche”, conferma la vena poetica dell’autore non solo in lingua italiana con la sua ultima pubblicazione “ In Flauto traverso” ma anche in lingua dialettale.
L’estro e la vitalità dell’autore, ogni qual volta si presenta al pubblico nella lingua madre (materna locutio), sorprendono per la sua originalità espressiva, il linguaggio popolare e per la ricchezza dei lemmi che rianima.
In quest’opera il poeta ha scelto di raccontare “ il male di vivere” e i difetti dell’uomo attraverso la favola quasi a evocare Esopo, Fedro o Jean de La Fontaine, ossia i grandi autori di favole, che tutti abbiamo studiato a scuola.
Ovviamente nel corso dei secoli qualcosa è mutato negli esseri umani e anche nelle favole come ad esempio in quella del lupo e l’agnello che mettono in luce come l’uomo, oggi, non cerca più una giustificazione per le proprie azioni malvagie “Tu mi hai intorbidito l’acqua o, …tu hai parlato male di mio padre…”. L’uomo oggi uccide e basta:
J-agneju fece a j-upu:
“ cudì me vardi cupu?
J-upu se ju fissà “
e ppo’… se ju magnà//-
Nel testo troviamo interessanti e significative favole come “ Ju sorece e ju cattu”o “Ju piru e ju fallaccianu” o “ La crapa” e tanti dialoghi tra fiori, piante e animali, quali: Ju sammucu e j-orneju o La frummica e ju bacarozzu, ju papampanu e ju murcilusu a sottolineare il narcisismo, l’imbroglio, l’arroganza e la superbia che pervade l’uomo su questa terra dove l’amore e il rispetto sono valori non dico scomparsi ma sicuramente sepolti.
Ma ciò che stupisce del Moreschini non è soltanto la padronanza del linguaggio dei propri avi, che ne riconferma la proprietà, ma si fa aedo popolare nel rappresentare e narrare il mondo agricolo contadino della Comunità dove è nato, convinto, come sottolineava a suo tempo Benedetto Croce, che la poesia dialettale non è un’antagonista ma un’integrazione della letteratura nazionale.
Il poeta ribadisce l’amore per la propria terra rievocandone il nome palmo palmo quasi a incarnare e animare i luoghi, le acque e i monti e la natura del territorio:
Se ssine de Casteju
pòrtame ‘n-cima a colle Manzu,
a colle Mortu, a colle Siccu,
a colle Lungu, a colle Pìccuru,
a colle Livìtu, a ju Piróne
o a ju Moróne,
a le Cèse,
a le Quartare,
a colle Mazzanu,
a colle Pizzutu fattu a vutu…
a l’Areniccia, a colle Mare
a pianu Majura
a ddò l’aria è pura pura…
E poi l’elencazione degli antichi mestieri:
Ce stea ‘na vota ju Potestà
che ‘n-te facea mancu fiatà;
ce stea ju marescialle e ‘u bricatteru
ch’ abbengeanu a ju pajese ‘nteru;
ce stea ju cerusicu
pe’ ju malatu,
e ju dazieru pe’ ju focaticu…
Non mancano nel testo, brani di grande liricità, allorché narra luoghi e personaggi cari, soffusi di malinconia, né quelli, intrisi di tristezza, e di indignazione, in cui rievoca il male della guerra, la cattiveria dell’uomo e un mondo che sta andando in pezzi fatto di prepotenze, di soprusi e mai di un comune sentire…( Croste e mujiche, Me sento appisu, Mortu ammazzatu, Io era chiattareju …Chisà cudì…)
E’ pur vero che i protagonisti di questa raccolta sono soprattutto alberi, animali, erbe, la natura e gli elementi celesti, ma dietro di tutto ciò si nascondono, come già sottolineato, vizi e peccati dell’essere umano e, ovviamente, la morale che il lettore attento sicuramente saprà cogliere in ogni brano.
Emblematico il dialogo,tra i molti, tra la rosa e il giglio:
‘Na rosa roscia fece a ‘n-giju:
“Tra tte e mmene ce sta ‘m-miju”.
Ju ggiju biancu ‘i refece:
“Propria tu ? Me fa spéce !!!
E questo è il messaggio che il poeta vuole trasmettere al lettore: la verità al di là delle apparenze.
Franco Sciarretta
CROSTE E MUJICHE
Che Moreschini sia un poeta di una certa levatura è certo, come è certo il lavoro linguistico sul dialetto castellano. Ma ciò che mi sorprende ancora una volta dopo l’elencazioni delle fonti e delle sorgenti di Castel Madama che ci fornisce, delle centinaia di erbe che sono sul territorio castellano, dopo gli innumerevoli volatili che praticano il territorio, i giochi e i giocattoli in uso nel paese, i soprannomi delle persone, i proverbi (circa settecento) Moreschini come storico, come ricercatore e poeta che ci regala un’altra perla pregiatissima con la poesia dal titolo: Se ssi de Casteju, ossia la toponomastica rurale e urbana di Castel Madama. Moreschini si conferma poeta, storico, dialettologo e soprattutto castellano insigne che ama veramente e svisceratamente il paese natio..
Nando Molinari
Prefazione di: Franco Sciaretta
Casa Editrice: TORED
Anno di pubblicazione: 2016