Alessandro Moreschini - Poeta

Oltre il suono delle parole...

CASTEJU BBEJU TUTTU VANTU

A tre anni di distanza dalla pubblicazione del bel volume “ Cuturuni cuturuni pella pallatana”, ecco un nuovo lavoro di Alessandro Moreschini che viene ad affiancarsi dignitosamente al precedente.

Il titolo” Casteju bbeju tuttu vantu”, potrebbe essere emblematico, quasi ad indicare un insieme di poesie volte ad esaltare ogni aspetto del paese natìo del poeta. E non siamo lontani, come poi vedremo, dal vero.

Giova porre subito in rilievo, in questo momento alcune differenze, fra le due raccolte, così vicine nel tempo. Se nella prima opera le ingiustizie sociali prepotentemente balzavano all’attenzione del lettore, in questa seconda fatica, attenuatisi i contrasti sociali, ci sembra che il Moreschini abbia privilegiato la convivenza pacifica, l’armonia tra la gente, la coralità, gli elementi di fusione anziché quelli di attrito, le verità universalmente accettate, a cui sottostanno ricchi e poveri, belli e brutti, fortunati e sfortunati.

Di questa ritrovata serenità sociale, di questa pacificazione con il prossimo, ben lontana da quella rabbia che lo aveva portato a scrivere “ Issi, issi soli, chive’aru… Issi magneanu, bbeveanu, rotteanu, curijeanu, rejetteanu..e nune a patì la fame...”, può indicarsi, come più genuino frutto, l’esigenza ritmica, che si traduce nelle ballate, in versi dello stesso, e ridotto, numero di sillabe con o senza rima.

Questa ricerca di una musicalità, legata al mondo popolare, di cadenze che ricordano le filastrocche, questa adesione a formule metriche di sapore antico può interpretarsi come tentativo di far riaffiorare i ritmi ancestrali, ritmi che in alcune liriche prendono decisamente il sopravvento sul significato delle parole, imponendosi di per se stessi, come puri suoni cadenzati.

Oltre alle ventuno iniziali ballate, nel volume, compaiono due brevi scritti in prosa, cui seguono i Testi anonimi, ‘Nduvineji, Sciojilengua, Storneji, Termini di Paragone, Espressioni idiomatiche , Frasi particolari, Sentenze gnomiche, e inoltre cinquecento Proverbi circa.

In questa seconda parte del lavoro, in cui il poeta non affida alla propria ispirazione ma si trasforma nel fedele raccoglitore delle tradizioni orali castellane, abbiamo di fronte un altro Moreschini che completa il primo, il quale, proprio per esigenza di valori oggettivi, abbandona la creazione personale e, avvalendosi di fidati cultori del dialetto locale, si dà a trascrivere febbrilmente ogni voce che possa illuminare sui vari aspetti della vita nel suo paese.

I frutti di questa fatica sono evidenti ed apprezzabili: sarebbero sufficienti a dimostrarlo i 541 Proverbi, che costituiscono un patrimonio non comune di sapienza popolare, oltre che di maniere di esprimersi, di proposizioni, di termini, che supera l’interesse locale per assumere a testimonianza di una civiltà, quella contadina, con particolari bisogni, modi di pensare, di agire, di vivere, nella quale possono riconoscersi le regioni dell’Italia centrale e le cui aspirazioni sembrano compendiarsi nel detto (n. 251): “ Sappite co la tèra ‘nnustrecane/ che nne ricchezza da la tèra vène”; oppure: “A chi sgobba la gobba, a chi arobba la robba”.

La ricchezza del lessico, la trascrizione accurata dei suoni, la serietà dell’impegno fanno di questo secondo lavoro del Moreschini una guida preziosa alla conoscenza del dialetto castellano, che per merito suo, sta acquistando una fisionomia inconfondibile e notevoli capacità espressive, tali da soddisfare pienamente le più sofisticate esigenze poetiche.

Il mio augurio è che l’autore continui nella sua opera e di poeta e di raccoglitore di tradizioni, e che ci dia, quando se ne presenterà l’occasione, ( ne sono certo conoscendo il Moreschini) un grande vocabolario del vernacolo di Castel Madama di cui attualmente si sente la più viva esigenza.

Franco SCIARRETTA

 

Prefazione di: Marco Testi

Casa Editrice: IL CENTAURO

Anno di pubblicazione: 1986