L’opera prima di Alessandro Moreschini porta la presentazione del poeta scrittore Umberto Marvardi il quale in una cartolina inviata all’indomani della pubblicazione all’autore da Senigallia scrive: “ Caro Sandro, … Il tuo libretto traspira il profumo della lirica pura travasata in un calice di vita con mano ferma ma tremula di riflessi interiori…lo stesso Ungaretti, ospite a casa mia a Tivoli, ha apprezzato alcune liriche tue da me musicate….. e qui mi fermo perchè la mano mi si stanca facilmente. Al prossimo volume di terzine a mo’ di un altro poeta…che non nomino, ma affido alla tua comprensione…Un abbraccio dal tuo decrepito ammiratore … Umberto .
PREFAZIONE
Sembra ozioso presentare l’opera prima di Alessandro Moreschini al lettore, tanto le sue brevissime liriche gli si porgono pulite d’ogni ostentazione letteraria, nell’umiltà e nella semplicità della loro naturale immediatezza. Per cui chi lo conosce come uomo, maestro di guida o amico, facilmente ravviserà , alla lettura di queste pagine, nel poeta, l’uomo; mentre chi non lo conosce, con altrettanta facilità saprà cogliere l’uomo nel poeta, poichè l’identificazione dell’uno nell’altro è operata dalla sua innata schiettezza, dalla sua congeniale semplicità che sulla pagina, assimilano il traslato all’esistenza. Questa immediatezza espressiva va, infatti, oltre ogni diaframma culturale che possa, in qualche modo, alterare la fisionomia spirituale della sua umanità- anche se una sua conoscenza dei classici non sia da mettere in dubbio-, e si fa comunicazione di stati d’animo che ignora ogni pretenziosità linguistica-anche se riecheggi, a volte, l’inconscio sostrato delle sue aggiornate letture-Direi anzi che egli, della tradizione, ha preso soltanto il canone della trasparenza espressiva, ma in quanto qualità strutturale della sua personalità; nonostante che, nello stesso tempo, l’asciuttezza d’espressione derivatagli dai poeti più recenti, concentri le sue immagini; senza però offuscarle ed anzi sciogliendole in quella libertà di ritmi che, più che ricordare sperimentazioni di contemporanei, sgorga da quella sua innata cordialità colloquiale che non significa sdegnoso rifiuto del canto, a volte anchilosato ad una abusata meno recente tradizione. Ma questa forma letterariamente nuda, era necessaria all’identità col suo mondo, un mondo libero d’intossicazione occulte, o dei magici incanti di quelle gratuite e fantasiose costruzioni che significano evasione dalla vita com’è.In questo Camminare…, infatti, la vita non si nasconde dietro abbaglianti trasposizioni metaforiche, ma si accenna per baleni d’immagini come in una notte di tempesta il paesaggio alla luce dei lampi.Una vita difficile, ma aperta alla speranza: l’amore per la sua donna, l’amicizia, i mali del mondo, la solitudine in mezzo alla gente; ma al cospetto dell’Eterno, nell’innocenza della propria intimità ove matura nella nostalgìa di Dio “oltre le stelle”.Ed a meglio rileggere, che cosa c’incanta nella comunicazione di questo Camminare…? Ma, proprio quel senso nostalgico che dà apertura alla sua dialettica esistenziale: di un niente di contro ad una ipostatica perfezione spirituale, del contingente in rapporto all’assoluto che, oltre il tempo e lo spazio, ci tengono sospesi ad un Quid che balena oltre il velo del quotidiano, di una luce viva ma che appare sempre più lontana nella oscura confusione di una realtà sensibile al di là della quale s’ intravede senza che si riesca mai a raggiungerla; eppure con quell’empito vitale di ricerca che è profondo come la fede, sicuro come la speranza .E in questa discontinuità, tra essere e divenire, lo slancio di uno spirito che si costruisce di se stesso, è, certamente poesia.
RECENZIONI: Messaggero del 6/ Novembre 1971: IL Duomo periodico mensile Tiburtino Dicembre 1971; il Tempo Novembre 1971 .
Prefazione di: Umberto Marvardi
Casa Editrice: IL CENTAURO
Anno di pubblicazione: 1971